Escursioni e Trekking
Tropea e Capo Vaticano
Simbolo del turismo in Calabria, Tropea e Capo Vaticano si trovano lungo la cosiddetta “Costa degli dei”, la costa tirrenica centro-meridionale della Calabria, in provincia di Vibo Valentia, alle pendici del Monte Poro.
Antica città fortezza ricca di una storia millenaria, la cittadina di Tropea e la vicina località di Capo Vaticano di Ricadi oggi attirano i turisti principalmente per lo splendido mare, caratterizzato da incantevoli spiagge che si alternano a suggestive scogliere. Si tratta infatti di uno dei litorali più belli della regione, ricco di floridi orti e antichi uliveti, caratterizzato da verdi colline ricche di acque sorgive, dove sopravvive una radicata tradizione contadina e si coltiva la cipolla rossa di Tropea, famosa in tutto il mondo per la sua dolcezza, rinomato prodotto I.G.T. (Indicazione Geografica Tipica).
Il suggestivo centro storico di Tropea, edificato su un compatto blocco di arenaria perpendicolare alla costa, a circa 60 m s.l.m., ha mantenuto intatto l’impianto urbano di epoca medievale e conserva numerosi antichi palazzi nobiliari sei-settecenteschi. Percorrere il centro a piedi è una continua scoperta: strette viuzze con maestosi portali baroccheggianti, inaspettate piazzette, chiese, fontane, cortili, palazzi storici con stemmi e balconi decorati. Ma la sorpresa più grande sono i belvedere sul mare, i cosiddetti “affacci”, dei veri e propri balconi aperti tra i densi palazzi, con vedute mozzafiato a picco sul mare!
La nostra passeggiata nel centro storico inizia da Largo S. Michele e, attraverso corso Vittorio Emanuele III, ci conduce a piazza Ercole, cuore della città; da qui, percorrendo via Roma, ci dirigiamo verso la Cattedrale d’ispirazione normanna, datata tra fine XII ed inizio XIII sec., che conserva la splendida icona della “Madonna di Romania”, di provenienza orientale. Dopo la visita, tra stretti vicoli e cortili fioriti, raggiungiamo i belvedere di Largo Migliarese prima e di Largo Villetta dopo, che regalano splendidi inaspettati panorami sulla spiaggia e le Isole Eolie.
Circa 7 km a sud di Tropea, nel comune di Ricadi, si trova Capo Vaticano, l’estremo promontorio occidentale del Monte Poro, digradante sul mare con pendii e terrazzamenti e caratterizzato, in alcuni punti, da vertiginose pareti a strapiombo sul mare. Le alte pareti rocciose creano una serie infinita di anfratti, di spiaggette raggiungibili solo via mare, di scogliere di granito e calcare, il tutto circondato da una rigogliosa macchia mediterranea, che ha fatto di questo luogo incantato un’oasi naturalistica, importante area di sosta e nidificazione per molte specie di uccelli.
Sul promontorio si trova un faro, vicino al quale è stato segnato un breve sentiero, a precipizio sul mare, immerso tra i fichi d’india, che permette di godere di panorami mozzafiato con vedute sulla costa e le Isole Eolie. Completato il sentiero e tornati indietro, si può scendere al belvedere, il terrazzo da cui si può ammirare una delle spiagge più famose della costa calabrese.
Escursioni e Trekking
Le “Dolomiti del Sud” a Canolo
Immerso nel territorio orientale del Parco Nazionale d’Aspromonte si trova il comune di Canolo, un meraviglioso angolo nascosto della Calabria, dove natura ed esperienze autentiche ci aspettano, lontani dalla vita frenetica di tutti i giorni. Unico borgo della zona che può vantare una dotazione di forni pubblici comunali, Canolo è il paese del pane di jermanu, dalla lavorazione complessa. Dal grano “jermanu”, acqua, sale e lievito madre, nasce un pane scuro, dal gusto deciso e dal profumo intenso.
L’Unione Europea ha inserito il paese in zona S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario) e lo ha dichiarato inoltre Z.P.S. (Zona a Protezione Speciale), anche grazie alla presenza del geosito delle “Dolomiti del Sud”, delle suggestive Grotte di Zagaria e, in località Malivindi, della torbiera più meridionale d’Europa, che il comune sta cercando di recuperare.
L’abitato è dominato dal Monte Mutolo, con le sue caratteristiche vette note come “Dolomiti del Sud”, che includono le Torri di Canolo, Monte Mutolo e Monte Giunchi. Si tratta di un geosito di particolare pregio naturalistico, che rappresenta uno spettacolare ed insolito scenario geologico, risalente all’era Giurassica (150-136 milioni di anni fa). Le Timpe di Mutolo – così si chiamano in realtà – sono delle formazioni rocciose composte da tre torri alte oltre 100 m, costituite da un calcare abbastanza duro, cosa insolita per la Calabria meridionale. Il sito, spettacolare ed inaspettato, ha attirato ed attira molti appassionati di arrampicata sportiva, che hanno tracciato diverse vie.
Alle pendici del Monte Giunchi, a 575 m s.l.m., si aprono invece le Grotte di Zagaria, frutto del passaggio e dell’infiltrazione dell’acqua in una zona carsica. I geologi le definiscono “finestre tettoniche” per la presenza di rocce più antiche in mezzo a rocce più giovani. Caratterizzate da variopinte stalattiti, sono abitate da numerosi grilli delle grotte.
La nostra escursione inizia vicino Canolo Vecchio, nei pressi della cava subito a valle del paese. Superato un torrente ed alcuni tornanti che si snodano alla base delle “Dolomiti del Sud”, una stradina giunge in cima, dove una pista si sviluppa sul pianoro sulla sommità delle tre torri rocciose. Da qui, il panorama è ampio e mozzafiato, aperto su Gerace, Locri ed il Monte Tre Pizzi, oltre che sulla costa ionica.
Località | Canolo |
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Località di partenza | Cava vicino a Canolo Vecchio |
Località di Arrivo | Sommità delle “Dolomiti del Sud”. Poi ritorno lungo l’itinerario dell’andata verso la cava. |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 279 m in salita e 100 m circa in discesa |
Quota minima | 400 m s.l.m. circa (cava) |
Quota massima | 679 m s.l.m. (sommità “Dolomiti del Sud”) |
Tempo | 2 ore |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |
Escursioni e Trekking
Scilla, Chianalea e castello Ruffo
Ubicata all’imboccatura settentrionale dello Stretto di Messina, in un luogo strategico per la navigazione nel Mediterraneo sin dall’epoca più antica, la cittadina di Scilla possiede un fascino unico, già a partire dal suo mitico nome di greca memoria. La cittadina è suddivisa in tre settori: il quartiere alto di san Giorgio, la spiaggia di Marina Grande e l’affascinate borgo dei pescatori di Chianalea, il tutto dominato dall’imponente rupe rocciosa protesa nel mare e sormontata dal castello dei Ruffo.
Perla della Costa Viola, Scilla ha una entroterra che si estende fino alle pendici del Parco Nazionale d’Aspromonte. La verticalità di questa montagna che si tuffa nelle acque cristalline del Mar Tirreno regala al visitatore infiniti punti panoramici con eccezionali vedute.
La nostra semplice escursione inizia dal parcheggio all’imboccatura settentrionale del quartiere di Chianalea, rinomato per essere uno dei “Borghi più belli d’Italia”, adagiato sul mare. Percorribile solo a piedi, il borgo conserva ancora l’antica struttura con le strette viuzze e le scalinate che giungono direttamente al mare, con i palazzi nobiliari e le vecchie case dei pescatori disposte a gradinata e con le barche tirate in secca sotto ai balconi. Non di rado, nello scalo di alaggio o al piccolo porto, incontriamo i pescatori intenti a riparare le reti e sistemare le barche. Dislocate lungo il percorso, oltre agli splendidi scorci aperti tra i vicoli verso il mare, interessanti sono anche le numerose fontane artistiche: la Sirenetta, Tre Canali, dei Ruffo, U Canaleddu. Giunti fino al porto, nei mesi da aprile a settembre, possiamo ammirare anche le “passerelle”, le tipiche imbarcazioni, con alto traliccio e lunga prua, usate per la pesca del pesce spada nello Stretto di Messina.
Tornando un poco indietro, al centro del quartiere imbocchiamo via Zagari che ci condurrà in cima alla rocca al maestoso castello dei Ruffo, emblema di Scilla, dove antichi miti e leggende si mescolano con eventi storici. Un primo impianto difensivo fu probabilmente edificato in età bizantina nell’VIII-IX sec. d.C., ma subì numerose modifiche e rifacimenti nell’arco dei secoli, da ultimo nel XIII sec. da parte di Carlo d’Angiò, dai De Nava nel 1421 e dai Ruffo nel 1542. Ancora oggi è possibile ammirarne le possenti mura, i varchi d’accesso, la sala d’armi, le cisterne, gli stemmi gentilizi, ma l’attrattiva principale è sicuramente la splendida visuale che si gode dalla sua sommità: a nord Chianalea e la Costa Viola fino a Bagnara e Palmi, a sud la Marina Grande, lo Stretto e la costa siciliana, ad ovest le isole Eolie e lo Stromboli.
Scendendo dalla rupe del castello, attraverso i vicoli e le scalinate del rione Spirito Santo, giungiamo all’ampia spiaggia della Marina Grande, quartiere balneare dove gustare ottimi gelati e granite, godendo dello scenario mozzafiato del castello Ruffo e dello Stretto.
Località | Scilla |
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Località di partenza | Chianelea, parcheggio |
Località di Arrivo | Marina Grande (vicino stazione FS) |
Difficoltà | Turistico |
Dislivello | 70 m |
Quota minima | 0 m s.l.m. |
Quota massima | 70 m s.l.m. (castello Ruffo) |
Tempo | 2 ore 30’ (con sosta per visita del castello) |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |
Escursioni e Trekking
Da Montalto al Santuario di Polsi
È uno dei sentieri simbolo del Parco, che conduce dalla cima più alta al luogo più profondo dell’ Aspromonte.
Dalla sommità di Montalto, scendendo verso la valle della fiumara Bonamico, questo sentiero giunge nel cuore dell’ Aspromonte, a Polsi, simbolo della fede dell’Aspromonte. Uno stuolo di migliaia di pellegrini, percorrendo questi sentieri sospesi tra cielo e vallate, si reca ogni anno al Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, depositario di centinaia di anni di storia e tradizioni.
Attraversando panorami mozzafiato ed incantevoli boschi, a circa 16 km da Gambarie, si raggiunge la base di Monte Cocuzza, noto come Montalto, dove una struttura in legno dell’AFOR segnala il punto di partenza della nostra escursione. Da qui si segue un sentiero molto evidente, marcato da una staccionata in legno, e dopo 10 minuti si raggiunge la cima, a 1.956 m s.l.m., dove si innalza la statua del Redentore, affiancata da una grande Rosa dei Venti. Da qui si gode un panorama a 360°, in cui si alternano cime di montagne, declivi, valloni e fitti boschi.
Iniziamo ora la lunga discesa che ci condurrà fino al Santuario di Polsi, attraversando un meraviglioso bosco di faggi contorti, uscendo ed entrando da radure boscose, percorrendo vie con muretti a secco, traccia dell’attività dell’uomo. Seguendo la segnaletica, si imbocca un sentiero che scende repentinamente sul Serro dei Riggitani, per giungere al santuario e al piccolo borgo di Polsi, dove la tradizione e la Fede si fondano. La statua della Madonna, assisa sul suo trono, pesante otto quintali, accogli i pellegrini che giungono qua per rivolgerle le loro preghiere.
Località | Montalto, Aspromonte |
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Località di partenza | Base Montalto (1.855 m slm) |
Località di Arrivo | Santuario di Polsi |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 1.005 m |
Quota minima | 850 m slm (Santuario di Polsi) |
Quota massima | 1.956 m slm (Cima Montalto) |
Tempo | 3 ore 30’ |
Lunghezza percorso | 6.800 m |
Periodo di praticabilità | Estate e autunno |
Escursioni e Trekking
Cascate Maesano
Le cascate del Maesano sono uno dei luoghi più belli e più visitati del Parco Nazionale dell’Aspromonte, noto tra i pastori e tra gli abitanti della montagna come “U Schicciu da spana”. Queste cascate sono costituite da cinque salti successivi, sebbene siano visibili solo i tre salti del Torrente Menta, che si unisce al corso della fiumara Amendolea più in basso. Tale tratto del corso del fiume delimita il limite orografico tra i centri di Roccaforte del Greco e Roghudi.
L’escursione inizia a 1.350 m s.l.m., dal parcheggio in terra battuta presso il Torrente Menta. Il sentiero è ben tracciato ed evidente fino al “Belvedere”, punto panoramico sulle cascate, a 1.295 m s.l.m.
La prima parte del sentiero costeggia il torrente (al primo bivio bisogna ignorare la pista che devia a sinistra) e giunge direttamente al belvedere, da dove è possibile ammirare i tre salti della cascata in tutta la loro maestosità. Ci troviamo nel punto di quota minimo del sentiero, dove molti escursionisti arrivano per poi tornare indietro.
Per chi decide di proseguire lungo la seconda parte del sentiero, il dislivello fino alla base del’ultimo salto è di circa 270 m. Dal belvedere inizia infatti una discesa, non molto agevole e da percorrere con attenzione. Usciti dal bosco, si ritorna presso il greto del torrente e dopo poco si risale, giungendo vicino alla vasca dell’ultimo salto dove, durante l’estate, si può godere di un bagno rinfrescante! Nel periodo primaverile, invece, si può ammirare un’esplosione di giallo delle ginestre e dell’euforbia che riempiono i versanti e fanno da cornice alla cascata.
Località | Cascate Maesano |
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Località di partenza | Parcheggio Torrente Menta |
Località di Arrivo | Punto panoramico Cascate dell’Amendolea |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 55 m |
Quota minima | 1.295 m s.l.m. (Belvedere) |
Quota massima | 1.350 m s.l.m. (Parcheggio Torrente Menta) |
Tempo | 1 ora 15’ |
Lunghezza percorso | 2.500 m |
Periodo di praticabilità | Estate ed autunno |
Escursioni e Trekking
Da Amendolea a Bova
Siamo nel cuore dell’Area Grecanica, luogo simbolo dell’Aspromonte, in cui si fondono sia bellezze naturalistiche che peculiarità storiche, archeologiche ed antropologiche. Una visita guidata lungo un percorso che rimanda alle antiche fatiche degli uomini, che lavoravano la terra e trasportavano le loro merci lungo antichi tratturi di collegamento tra piccoli centri abitati, si aprono panorami naturali unici, con l’Etna che si staglia maestoso all’orizzonte, come se fosse parte della Calabria.
Partiamo da Amendolea nuova (frazione di Condofuri), piccolo centro affacciato sulla fiumara Amendolea e, attraversato il piccolo torrente Cozzi, iniziamo la salita. Il percorso è in notevole pendenza, ma il panorama è mozzafiato, con ampie vallate dove i toni più vari del verde e del giallo si fondano con l’azzurro del mare che lambisce il bianco delle vaste spiagge sabbiose. Floridi pascoli si alternano ad uliveti ed agrumeti, qui dove domina il bergamotto, prezioso agrume tipico solo di questa fascia costiera, basilare per la produzione profumiera mondiale e per l’enogastronomia locale.
Lungo il nostro sentiero, una deviazione sulla sinistra conduce ad Amendolea vecchia, antico borgo abbandonato dopo l’alluvione del 1951. Dominato dal castello dei Ruffo, il suggestivo borgo ospita i ruderi dell’abitato e di tre chiesette bizantine (San Nicola, San Sebastiano e Santa Caterina).
Ritornando sul percorso iniziale, continuiamo a salire di quota fino ad arrivare quasi alla cima di Monte Briga, dove intercettiamo una carrareccia che conduce alla strada asfaltata verso Bova, la “Chora”, capitale ideale dell’Area Grecanica, che non a caso è chiamata anche “Bovesia”.
Insignita del titolo di uno dei “borghi più belli d’Italia”, Bova nel 2015 ha ricevuto anche la prestigiosa “Bandiera Arancione” del Touring Club. È un centro ricco di storia ed arte, folclore ed artigianato, sede di uno dei Centri Visita del Parco Nazionale d’Aspromonte (incentrato sulle minoranze etniche e linguistiche) e di un interessante Museo di Paleontologia.
La visita del borgo si snoda fra strette viuzze e scalinate, antiche chiese e palazzi nobiliari, fino a raggiungere il punto più elevato del paese, dove si trovano gli scarsi resti del castello medievale, in posizione dominante, che un tempo costituì un rifugio sicuro contro le incursioni saracene ed oggi rappresenta uno spettacolare punto di vista panoramico. Durante la visita guidata non mancherà l’incontro con gli anziani locali, che ancora oggi parlano un dialetto di tipo greco, noto come “grecanico” o “greco di Calabria”, residuo linguistico dell’antica civiltà bizantina, un tempo qui molto florida.
Località | Amendolea-Bova |
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Località di partenza | Amendolea nuova |
Località di Arrivo | Bova |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 660 m |
Quota minima | 140 m s.l.m. (Amendolea nuova) |
Quota massima | 800 m s.l.m. (castello di Bova) |
Tempo | 4 ore |
Lunghezza percorso | 8.300 m |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |
Escursioni e Trekking
Gole della Fiumara La Verde
Dall’abitato di Samo, a circa 12 km dalla SS106 ionica, è possibile effettuare un’escursione per raggiungere le maestose gole della fiumara La Verde, che si estendono per circa 3,5 km, con le alte pareti ornate da capelvenere (Capillus venus) e da rari esemplari di felci (Woodwardia radicans, Osmunda regalis e Pteris vittata).
Partendo dal piccolo paese di Samo, percorrendo a piedi qualche chilometro che dalla piazza centrale conduce al greto della fiumara La Verde, si può godere del panorama che si apre sui ruderi dell’antico centro di Precacore, l’originario insediamento rurale risalente all’età bizantina.
La fiumara è caratterizzata da un ampio letto ed è sovrastata da Ferruzzano antica e dalla fitta lecceta del Bosco di Rudina. Dal greto della fiumara si raggiunge un ponte, attraversato il quale, sulla destra, ci si ritrova di fronte ad alte pareti rocciose, i canyon aspromontani. L’ampio letto della fiumara, dopo circa 800 m, va restringendosi e le pareti che lo delimitano si avvicinano fino quasi a sovrapporsi e a serrare la fiumara in stretti meandri.
Lungo il percorso si succedono uliveti, leccete e zone con fitta vegetazione arbustiva, fino a giungere al primo strapiombo di Monte Palecastro, al quale seguiranno da un alto quelli di Giulia e di Ladro, dall’altro le nudi pareti di Serro Schiavone, Monte Schiavo ed Arioso. Alla fine delle gole, la fiumara riprende tutta la sua maestosa ampiezza.
Dopo circa 150 m dalla fine delle gole, sulla sinistra inizia una mulattiera che risale verso Serro Schiavone. Si può decidere di proseguire l’escursione in salita per questa via, che consente ampie vedute panoramiche sulla fiumara La Verde dall’alto e ritorna sino al ponte (chiusura itinerario ad anello, più lungo), oppure si può ripercorrere l’itinerario al contrario, ripassando per le gole per raggiungere il ponte (andata e ritorno, più breve).
Località | Samo |
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Località di partenza | Samo |
Località di Arrivo | Samo |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | Percorso ad anello: 498 m Percorso andata e ritorno: 181 m |
Quota minima | 119 m s.l.m. (Ponte Fiumara La Verde) |
Quota massima | Percorso ad anello: 617 m s.l.m. (Serro Schiavone) Percorso andata e ritorno: 300 m s.l.m. (Samo) |
Tempo | Percorso ad anello: 6 ore Percorso andata e ritorno: 3 ore 30’ |
Lunghezza percorso | Percorso ad anello: 11.250 m Percorso andata e ritorno: 9.240 m |
Periodo di praticabilità | Estate ed inizio autunno |
Escursioni e Trekking
Pietra Cappa e le Rocche di San Pietro
Siamo nel settore nord-orientale del Parco Nazionale d’Aspromonte noto come “Vallata delle Grandi Pietre”, nel territorio dei comuni di San Luca e Careri, in quell’area che fu scelta, molti secoli fa, dai monaci basiliani di rito greco che, giunti da Oriente, cercavano luoghi impervi e solitari, adatti alla loro vita di asceti eremiti. Il silenzio è una costante lungo questo sentiero, la bellezza del paesaggio un piacere per lo spirito ed il corpo…
Si parte dal Casello di San Giorgio, da dove iniziamo un percorso in discesa che costeggia una staccionata in legno che conduce ai ruderi della chiesetta di San Giorgio. Già da qui si può intravedere l’imponente “panettone geologico” di Pietra Cappa, a monte del quale, verso Carrà, si estende un bosco di maestosi castagni. Oltrepassati i ruderi della chiesetta, ci si ritrova in una giovane lecceta, usciti dalla quale ci ritroviamo davanti l’enorme masso di Pietra Cappa, che sembra variare forma man mano che ci si avvicina.
In base a recenti studi, molti geologi ipotizzano che la sua forma rotondeggiante sia stata modellata dall’azione dell’ultima glaciazione.
Si segue il percorso che si snoda intorno al monolite e che ci permette di compiere un anello completo ad esso, osservandolo da diverse prospettive.
Davanti a noi, la “Vallata delle Grandi Pietre”, enormi rocce monolitiche dalle stravaganti forme, depositarie di leggende e storia: ecco le Rocche di San Pietro, scavate per accogliere l’asceterio di antichi monaci; ecco Pietra Castello, con i resti di antiche fortificazioni; ed ancora l’imponente Pietra Longa e la rotonda Stranghiolo. Il tutto immerso in boschi vetusti di castagni e querce.
Siamo di fronte ad un territorio unico nel suo genere, che affascina per le forme maestose che la Natura ha assunto e per le leggende e l’antica storia – di monaci vissuti in preghiera e solitudine – che queste pietre sanno raccontare.
Località | Casello San Giorgio |
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Località di partenza | Casello San Giorgio |
Località di Arrivo | Casello San Giorgio |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 15 m |
Quota minima | 670 m s.l.m. (Casello San Giorgio) |
Quota massima | 685 m s.l.m. (inizio anello) |
Tempo | 1 ora 30’ |
Lunghezza percorso | 2.200 m |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |
Escursioni e Trekking
Monte Tre Pizzi a Ciminà
Il piccolo borgo di Ciminà, così come il vicino comune di Antonimina, sono centri la cui storia è inestricabilmente connessa alla presenza della montagna.
Lungo il confine nord-orientale del Parco Nazionale d’Aspromonte, il paese di Ciminà sorge infatti alle pendici del Monte Tre Pizzi e, oltre che per i vasti pascoli e la bellezza del paesaggio, è oggi rinomato per un particolare prodotto caseario, il caciocavallo, certificato presidio Slow Food.
Un sentiero molto bello, che culmina nella visita delle rovine dell’antica chiesa dei Santi Pietro e Paolo, parte proprio dalla località “Fimmina” del comune di Ciminà.
Il sentiero è ben segnato e regala ampi spazi visivi, che consentono di ammirare uno dei territori più fertili della costa jonica: sul lato orientale si nota Roccella Jonica, sul lato occidentale la visuale è invece dominata dalla fitta vegetazione. L’itinerario si sviluppa prevalentemente in piano, anche se non mancano tratti che alternano salite e discese.
Una volta giunti sulla parte sommitale del Monte Tre Pizzi, il panorama è vastissimo e va da Capo Bruzzano a Monte Due Mari; su un lato c’è la vallata di Antonimina, sull’altro lato Ciminà, posta ai piedi di questo spettacolare monolite. Da quassù, si possono individuare numerosi crinali e cime aspromontane che degradano verso la costa jonica. La parte interna del panorama di questa vasta aerea è dominata dalla visione delle frane sul Bonamico, delle Grandi Pietre e di Montalto.
Infine, sulla parte sommitale del Tre Pizzi, svoltando verso destra, si giunge su un pianoro dove si conservano i ruderi della chiesetta bizantina dei Santi Pietro e Paolo, termine della nostra escursione.
Località | Ciminà |
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Località di partenza | Ciminà, località “Fimmina” (715 m slm) |
Località di Arrivo | Monte Tre Pizzi (708 m slm) |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 95 m |
Quota minima | 620 m slm (Monte Petrotondo) |
Quota massima | 715 m slm (Loc. “Fimmina”) |
Tempo | 1 ora 15’ |
Lunghezza percorso | 1.600 m |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |
Escursioni e Trekking
Mammola e il Sentiero dei Greci
Mammola è un piccolo incantevole borgo medievale posto nella Valle del Torbido, vicino al Passo della Limina e a soli 9 km dal Mar Jonio, alle pendici settentrionali del massiccio dell’Aspromonte.
Affascinanti vicoli, scalinate, salite e piazzette si intrecciano tra chiese, modeste abitazioni e antichi palazzi decorati con portali di granito. La sua storia è legata alla presenza del monachesimo orientale, in particolare del monaco basiliano Nicodemo, Santo Patrono della città, che visse sul monte vicino Kellerano. Mammola è rinomata anche per la sua tradizione culinaria, soprattutto per la ricotta affumicata e lo stoccafisso.
All’ingresso del borgo, si trova una delle Porte di Accesso del Parco Nazionale d’Aspromonte. Proprio dalla Porta del Parco di Mammola parte uno dei sentieri “storici” del Parco, noto come “Sentiero dei Greci”. In epoca magno-greca, infatti, le colonie del versante ionico comunicavano con quelle del versante tirrenico, Medma ed Hipponion soprattutto (gli odierni centri di Rosarno e Vibo Valentia), attraverso sentieri di cresta, che permettevano lo scambio di merci; il “Sentiero dei Greci” ripercorre proprio un tratto di tali antiche vie di comunicazione. La prima parte del sentiero è frequentata anche dai pellegrini mammolesi che, in occasione della festa del Santo Patrono a maggio, si recano sul monte Kellerano.
Dopo aver imboccato una sterrata, si costeggia il fiume Torbido per circa 1 km. Giunti al Torrente Macariace – oggi Geosito con la sua antica miniera di arsenico – si imbocca un sentiero che raggiunge l’antico palazzo dei Barillaro, del XVII sec. Si prosegue in ripida salita e, dopo una sosta alla fontana della Seja, si raggiunge un bellissimo pianoro dominato dal monte Kellerano, dove ciò che affascina è soprattutto il senso di vastità.
Spicca la chiesa di San Nicodemo, che ospita la statua del Santo Patrono di Mammola e gli affreschi dell’artista Nik Spatari. Dal sagrato si accede ad una costruzione seminterrata dove si possono visitare i resti delle mura e delle absidi dell’antico monastero fondato dal Santo. Dalla parte opposta al santuario, un agevole percorso porta alla grotta dove il Santo si ritirava a pregare.
Scesi dal Kellerano, riprendendo la strada asfaltata e costeggiando la base del Monte Limina, si giunge al “Passo della Limina”, dove finisce il nostro sentiero (n° 212 del catasto del Parco).
Località | Mammola |
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Località di partenza | Mammola, Porta del Parco |
Località di Arrivo | Passo della Limina |
Difficoltà | Escursionistico |
Dislivello | 622 m |
Quota minima | 200 m slm (Mammola) |
Quota massima | 822 m slm (Passo della Limina) |
Tempo | 4 ore |
Lunghezza percorso | 9.350 m |
Periodo di praticabilità | Tutto l’anno |